Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita.

venerdì 18 novembre 2011

Sinistra: stiamo fuori dalla grande coalizione

Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 17 novembre 2011

Il Governo Berlusconi non c’è più. Il caimano si è dimesso, consumato da un inglorioso autunno del patriarca e sempre più isolato. Era nell’aria sin dai tempi della rottura con Fini ed era diventato quasi una certezza con la splendida primavera dei sindaci e dei referendum. Ora finalmente è accaduto e quindi facciamo bene, noi di sinistra, ad esultare e sentirci sollevati.
Eppure, c’è un “ma” che pesa, perché dopo anni di lotte, speranze, delusioni, traversate del deserto ed indignazioni, alla fine non siamo stati noi a dargli la spallata. Nessun 14 dicembre, primavera democratica o 15 ottobre l’hanno mandato a casa. No, l’hanno fatto i “mercati finanziari” o meglio, visto che la mano invisibile esiste solo nelle favole, quei soggetti che dispongono dei mezzi finanziari per agire e per orientare.

E attenzione, non si tratta di una quisquilia, poiché quella dei protagonisti del cambiamento è questione decisiva. Altrimenti, per scomodare altre epoche storiche, perché nell’aprile 1945 il capo delle forze alleate in Italia avrebbe chiesto ai partigiani di stare fermi in attesa che le sue truppe liberassero il nord del paese e perché il CLN avrebbe invece deciso l’esatto contrario, dando l’ordine per l’insurrezione popolare?

In altre parole, il modo in cui si esce dal disastro berlusconiano è dirimente. E da questo punto di vista faremmo molto bene, noi di sinistra, a toglierci dalla testa che la fine di Berlusconi significhi di per sé l’avvento di un’Italia migliore. A maggior ragione nelle condizioni date, cioè nel bel mezzo della più micidiale crisi economica, sociale e politica che l’Europa abbia vissuto dagli anni Trenta del secolo scorso.
Ebbene sì, perché il punto è questo: ci stiamo liberando dall’anomalia italiana, per ritrovarci di colpo nella normalità della crisi europea. C’eravamo anche prima, ovviamente, ma forse il berlusconismo ci aveva un po’ annebbiato la vista. E così, come logica conseguenza dell’incapacità dell’opposizione sociale e politica di buttare giù il sultano e di avanzare una proposta politica alternativa, ci scopriamo ora destinatari di ordini di servizio alla pari di Spagna, Portogallo o Irlanda e commissariati come la Grecia.

In questi giorni Mario Monti gode di grande credito pubblico, un po’ per il legittimo sollievo di non avere più come presidente del consiglioBerlusconi, un po’ perché molti vedono in lui un’ancora di salvezza in mezzo alla tempesta. Tutto questo è comprensibile, ma non ci esime certo dal guardare oltre il momento e l’apparenza.

Mario Monti, come il nuovo primo ministro greco, Lucas Papademos, è espressione diretta dell’establishment finanziario internazionale. Papademos era governatore della banca centrale greca e vicepresidente della Bce fino all’anno scorso. L’ex commissario europeo Monti è advisor della potente banca d’affari “Goldman Sachs” e ricopre ruoli di primo piano nella Commissione Trilaterale e nel Gruppo Bilderberg. Beninteso, qui non è questione di complotti, ma molto più banalmente di prendere atto che oggi i circoli e le istituzioni delfinanzcapitalismo (per usare la definizione di Gallino) hanno deciso di intervenire direttamente nella gestione politica degli Stati.
In questa dinamica, ad essere sconfitta e sottomessa non è tanto la politica intesa come ceto o partiti, bensì la democrazia, intesa come possibilità delle classi popolari di poter partecipare alla formazione delle decisioni pubbliche. Infatti, nelle lettere della Bce all’Italia o nello scandalo ufficiale di fronte all’ipotesi di referendum in Grecia ritroviamo la medesima insofferenza nei confronti della democrazia che abbiamo già visto all’opera a Pomigliano, Mirafiori o Grugliasco.
Insomma, delle pessime premesse per il futuro, dove in gioco non è il ricambio dei governanti, bensì la ridefinizione del sistema politico, sociale ed istituzionale. Cioè, la “terza repubblica” e il modello sociale.

Ecco perché non dobbiamo, noi di sinistra, stare nel recinto della Grosse Koalition a sostegno di un governo per nulla tecnico, il cui programma è stato scritto dalle istituzioni finanziarie. Non per ideologia, ma per realismo. E non per sbraitare a bordo campo, bensì per rientrare in gioco e costruire e organizzare un punto di vista alternativo, a partire dal lavoro, possibilmente con spirito unitario e insieme a movimenti e forze degli altri paesi europei. Altrimenti, anche le elezioni, quando finalmente arriveranno, serviranno a ben poco.



domenica 13 novembre 2011

NON è CHE L'INIZIO

Norma Rangeri - il manifesto
Alleluja. Silvio Berlusconi si è dimesso. Dopo diciassette anni e una giornata lunghissima, carica di tensione, seguita in diretta dai siti di tutto il mondo, l’imprenditore televisivo che avrebbe dovuto far funzionare l’Italia come la sua azienda molla la presa dopo averci trascinato al collasso e trasformato il suo sogno nel nostro incubo. Ci lascia in eredità un paese sfigurato dal colossale conflitto di interessi, sconvolto nelle elementari regole di convivenza, spolpato nelle residue energie dalle cricche di ogni ordine e grado, umiliato dalla prostituzione, non solo sessuale.
Purtroppo è difficile gustare pienamente la fine del sultanato, assaporare il tramonto della pubblicità, apprezzare il declino della volgarità. Il perché è molto semplice: a disarcionare il Cavaliere non è stata la forza delle opposizioni, la rinascita di una sinistra, ma la potenza dello spread, la legge dei mercati. Che hanno scelto di sostituire l’incapace e impresentabile gaffeur con una bandiera eccellente del pensiero liberista, Mario Monti. Gli hanno affidato la guida del governo, replicando in Italia lo schema greco: la nomina di Lucas Papademos, ex-Bce designato da Bruxelles all’ufficio governativo di Atene. Fino al punto di pilotare il nostro cambio della guardia nelle quarantottore di chiusura dei listini, così da completare l’avvicendamento già domani, quando i guardiani del Fondo monetario e della Banca centrale, insieme al caffè, daranno il gradimento.
Tutto è a posto ma proprio niente è in ordine. Si apre ora una fase di massima turbolenza, direttamente proporzionale allo sconquasso che l’avvicendamento a palazzo Chigi provocherà negli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra, catapultati in una recita surreale. Da una parte il centrodestra che urla di rabbia per essere stato sostituito da un conservatore che applicherà il vangelo liberista berlusconiano. Dall’altra il centrosinistra che si spella le mani per applaudire chi gli farà ingoiare il rospo della ricetta economica firmata dalla Bce. Una maionese impazzita, un’inversione dei ruoli che fotografa perfettamente i nostri guai.
L’eccentrico laboratorio politico italiano chiude una stagione (un caso di scuola) e già ne prepara un’altra. Non è che l’inizio. Anche per le opposizioni.



sabato 12 novembre 2011

appuntamenti: L’Italia e la sinistra di fronte all’Europa della BCE

Sinistra che fai?
L’Italia e la sinistra di fronte all’Europa della BCE

Mercoledì 23 novembre 2011 , ore 20.30
Camera del Lavoro di Milano
Corso di Porta Vittoria, 43

Intervengono:

Paolo Ferrero
Segretario nazionale PRC


Fausto Bertinotti
già Presidente della Camera dei Deputati


Gennaro Migliore
Segreteria Nazionale Sinistra Ecologia Libertà


Organizza: Rifondazione Comunista Milano - Aderente alla Federazione della Sinistra

martedì 8 novembre 2011

CIAO NORI...

di Maria Calderoni


Norina Brambilla e i suoi compagni, gran bella gente

Niente di leggendario. Niente enfasi, niente retorica, niente stile letterario, niente storia romanzata. Lei racconta semplicemente, così come è andata, sul filo vivo dei ricordi, senza divagazioni e senza orpelli. Onorina Brambilla, un nome molto milanese, Croce di guerra al Valor partigiano, segni particolari staffetta nel 3° Gap "Egisto Rubini" di Milano, nome di battaglia Sandra. Nota anche come Nora Brambilla Pesce, segni particolari moglie di Giovanni Pesce, medaglia d'oro della Resistenza, suo compagno di lotta sin dai primi giorni e compagno di vita per sessant'anni, quando lui è scomparso, luglio 2007. Niente di leggendario.

Il libro della sua vita - Onorina Brambilla Pesce, Il pane bianco, Arterigere pp.292,  (a cura di Roberto Farina, prefazione e note di Franco Giannantoni) - è straordinario in sé, non solo per la vicenda personale che racconta, ma per il mondo, la gente, i sentimenti, il parterre umano che evoca. Antropologia operaia e comunista, Milano e dintorni, terribili anni '40, la generosità e la lotta, non c'è da aggiungere nulla.
«Quando fui arrestata dalle SS avevo appena compiuto ventun anni». E quando viene catturata - un pomeriggio del 12 settembre 1944, tradita da un partigiano passato al nemico - lei è gappista da un anno, «ero entrata a far parte dei Gruppi di difesa della Donna, un'organizzazione femminile che si occupava di raccogliere denaro, cibo, vestiti e tutto ciò che potesse servire ai partigiani». Il comandante del suo Gap è un certo Visone (scoprirà dopo che il vero nome èGiovanni Pesce). Giorni da staffetta, ragazza in bici che in borsa nasconde anche roba molto proibita, «un giorno incappai nei "marò" della San Marco. Erano in piazza Ludovica e controllavano tutti. Quando me ne accorsi, ero ormai troppo vicina per allontanarmi senza destare sospetti. Avevo con me due pistole». Quella volta la sfanga.
Tradita, arrestata, verranno per lei i giorni nel quinto braccio di San Vittore; degli interrogatori a colpi di gatto a nove code («dolorante, semisvenuta, credo di aver urlato molto»); del campo di concentramento di Bolzano, «numero di matricola 6087, col triangolo rosso dei politici, fui destinata al blocco F».
Norina e gli altri. Il suo lessico familiare e quello politico che si incontrano subito e si "riconoscono", naturalmente. «Sono di famiglia operaia, di orientamento antifascista, comunista». Poveri, modesti lavoratori. Squarci di primo Novecento popolare e contadino in terra lombarda. Quel trasloco forzato - «si diceva "fare san Martino"» - ogni 3 novembre «perché bisognava trovare un altro padrone e un'altra cascina»; quelle vecchie cascine senza acqua corrente e senza servizi e i cortili di terra battuta che diventavano fango, «dove i bambini vivevavo nella polvere, insieme ai polli e agli altri animali». E suo padre che, «dopo la terza elementare l'avevano mandato a fare il garzone in una bottega di calzolaio»; a martellare per qualche soldo «i chiodi storti, per raddrizzarli e riutilizzarli»; ma lui, che voleva andare a giocare con gli altri bambini, «invece di raddrizzarli, i chiodi li sotterrava».
Quel padre a cui lei dedica poche righe dimesse, quasi senza aggettivi, e tuttavia colme di celata ammmirazione e gratitudine: quel padre che, operaio specializzato alla Bianchi, preferisce patire anni di disoccupazione e miseria perché «si rifiuta di prendere la tessera del partito fascista»; al quale nel '29 viene proibito di votare; e che, dopo l'8 settembre, «si collega ai gruppi della Resistenza che agivano all'interno della fabbrica».
C'è Narva, «una comunista di vecchia data, con anni di attività clandestina alle spalle»; c'è la signora Maria, la proprietaria della stanza ammobiliata in via Macedonio Melloni che Visone aveva affittato e che «fece sempre finta di non capire chi fossimo, rischiò parecchio perché nella sua soffitta, tra le solite, vecchie cianfrusaglie, c'erano pistole, munizioni, l'arsenale dei Gap».
E c'è Tornelli, l'operaio della fabbrica al Vigentino al quale «passavo clandestinamente i volantini per lo sciopero del marzo '43»; e la Anna Gentili, la ragazza che a Porta Venezia il 25 luglio «salì su un carro armato» tra gli applausi della folla, «in seguito divenne staffetta con il nome di battaglia Lidia. Oggi è ancora viva, ha novant'anni». Quei nomi, quei volti. Come Libero Temolo, «un comunista coraggioso, capo cellula alla Pirelli»; e come Salvatore Principato, socialista, «due dei 15 compagni fucilati a piazzale Loreto»; come Egisto Rubini, il primo comandante del 3° Gap di Milano che, arrestato e torturato senza che riuscissero ad estorcergli un nome, «temendo di non poter resistere a un altro interrogatorio», si è tolto la vita, impiccandosi».
«Venni tra gli uomini al tempo della rivolta e mi ribellai con loro», dice Brecht nella famosa poesia. E anche lei. 2 settembre 1944, è il Corriere della Sera a dare la notizia: «Il commissario addetto all'ufficio politico Domenico De Martino è stato ucciso alle ore 13 in via Telesio». C'entrano i Gap. C'entra anche lei. Era il tempo della rivolta.
Lei e Visone si sono sposati il i4 luglio 1945, con rito civile, uno dei primi in Italia. «Milano era ferita dalla guerra, dai bombardamenti, dalla fame. Non possedevamo nulla, ma eravamo davanti a un'epoca nuova, Eravamo liberi, eravamo felici. Si cominciò subito a lavorare per tornare alla normalità. Il primo segno tangibile dei nostri sforzi fu il ritorno del pane bianco sulle nostre tavole».
Il libro è finito. «Oggi ho ottantasette anni. Non ho rimorsi. Ho un rimpianto, ma non voglio parlarne. Quando cala il sole chiudo le persiane, perché non amo il buio della notte». 
Norina e i suoi compagni, gran bella gente.


Per l'ultimo saluto a Onorina Brambilla Pesce,  la partigiana "Sandra": 

Mercoledì 9 novembre 2011 Camera del lavoro di Milano - Salone: Di 

Vittorio.  Corso di Porta Vittoria 43:

dalle ore 11.00 camera ardente

dalle ore 15.00 cerimonia funebre.

martedì 1 novembre 2011

appuntamenti: DALLA CRISI AL MONDO NUOVO



Crisi economica. Debito. Austerità. Manovre lacrime e sangue. Guerre coloniali. Disoccupazione. Degrado morale. Precarietà.

Questo è lo scenario che il capitalismo offre alle nuove generazioni!

Nel mondo la reazione a questo sistema disumano è già iniziata. Dall'America Latina che sperimenta, grazie alla resistenza di Cuba, il "socialismo del XXI secolo", alle proteste anti-capitaliste negli Stati Uniti, ai continui scioperi generali in Grecia, fino alle insurrezioni popolari (per ora sconfitte) in Tunisia, Egitto, Bahrein, ecc.

Cosa succede nel mondo? Quali prospettive in Italia?
Discutiamone insieme con due documentari che ci aiuteranno a comprendere l'intricato scenario di un sistema in decadenza per lottare con più consapevolezza per il suo rovesciamento e per la costruzione del mondo nuovo.

Giovedì 10 novembre
@casa della Sinistra di Bresso
Via San Giacomo 4
DEBTOCRACY, IL DEBITO LO PAGHI CHI LO CREA
ore 20,45 proiezione del film
a seguire dibattito con:
Bruno Casati, segreteria nazionale Prc
Lorenzo Esposito, Fisac-CGIL Banca D'Italia

                                                     Giovedì 17 novembre
                                                     @circolo Prc Affori,
                                                     Via Faccio 18, Milano
                                                     MALEDETTA PRIMAVERA
                                                     ore 20,45 proiezione del film
                                                     a seguire dibattito con:
                                                     Najat Tataoui, Comitato Immigrati  in Italia                                         

Documento finale della conferenza programmatica della sinisitra bressese

Pubblichiamo qui di seguito il testo del documento finale della conferenza programmatica della Sinistra bressese. Un documento che riteniamo molto importante in quanto stabilisce le linee guida per il prossimo futuro e prova a trarre un bilancio del nostro primo anno di attività.


CONFERENZA PROGRAMMATICA DELLA SINISTRA BRESSESE


Bresso 16/10/11


DOCUMENTO FINALE

Ad un anno dall’avvio del percorso unitario della Sinistra Bressese, si è svolta lo scorso 16 ottobre una conferenza programmatica tra attivisti e simpatizzanti, per fare un primo bilancio dell’attività svolta e per decidere il percorso del prossimo periodo, anche in prospettiva delle prossime elezioni amministrative che si svolgeranno tra un anno e mezzo.

Bilancio

La Conferenza ha confermato il percorso unitario scelto, che ha per orizzonte territoriale un orizzonte locale. I militanti dei partiti che fanno parte di questo laboratorio politico bressese, hanno la presunzione di pensare che la sinistra a Bresso (ma per fortuna anche in altri luoghi dove si stanno sperimentando esperienze analoghe), sia ad uno stadio di analisi e di costruzione più avanzato rispetto al livello nazionale. In ogni caso, il percorso unitario locale non preclude l’autonomia dei singoli partiti su questioni nazionali. La vera domanda che i militanti di base si pongono e che poniamo ai nostri dirigenti nazionali è di capire su cosa le sinistre sono divise. Siamo divisi sulle questioni di fondo che dovrebbero essere il dna della sinistra in questa fase storica quali la necessità di ridare dignità e centralità al tema del lavoro? Sulla questione della difesa del territorio, dell’ambiente e delle energie rinnovabili? Sulla questione della difesa dei diritti civili e dei beni comuni? Sulla necessità di ricostruire una scuola pubblica degna di questo nome; Sulla necessità di fermare le disastrose politiche neoliberiste ecc. Noi riteniamo che questi temi non ci dividono. La Conferenza, pertanto, ha confermato l’ambito del progetto e ribadito le ragioni che hanno portato Rifondazione Comunista e Sinistra e Libertà a compiere questa scelta unitaria sul territorio bressese.

Riprendendo il documento fondativo della sinistra bressese, il mondo ha bisogno della “Sinistra”. Un bisogno, una necessità, determinata da un vuoto politico esistente. Un bisogno fondato sulla constatazione che, sono sempre concetti contenuti in quel documento, occorre partire da un dato di realtà: in questa fase della storia, la Sinistra è culturalmente minoritaria e deve ricercare un nuovo senso, un nuovo linguaggio, ed una nuova identità per ricominciare a “contaminare il mondo” con i propri valori.

La scelta di dar vita, a livello locale, ad un percorso che ci auguriamo possa essere raccolto anche in altre realtà, nasce dal tentativo da parte dei compagni e delle compagne di Bresso di raccogliere diverse istanze: la richiesta del popolo della sinistra di finirla con le divisioni e le frammentazioni e di avviare un processo di riaggregazione per costruire una sinistra unita, di nome e di fatto. Oggi si ha la percezione, tra i giovani in particolare, di una insufficienza aggregativa nella tradizionale forma partito e della necessità di superare recinti e steccati dove è diventato difficile riconoscersi ed iscriversi. Occorre un tentativo di sperimentare nuove forme per fare politica; si ha la percezione che ci siano tante forze sul territorio, tante compagne e tanti compagni, che hanno voglia di mettersi in gioco ma che non trovano un luogo dove poterlo fare.
La bontà delle ragioni che ci hanno portato alla scelta di dar vita alla sinistra bressese sono state ribadite con forza dai compagni intervenuti alla conferenza.

La scelta di aprire uno spazio come la Casa della Sinistra, di farne uno spazio aperto e partecipato è stata consequenziale alle scelte fatte.

La scelta di dare un taglio maggiormente culturale alle nostre iniziative, convinti che con la cultura si possa far politica, e convinti che una battaglia culturale sia condizione necessaria per la ricostruzione di una sinistra politica che ricominci a contare veramente nel paese.

Le iniziative di questi ultimi mesi, oltre alla buona qualità della proposta in termini politico-culturali ed all’ottimo successo in termini di partecipazione, hanno un dato di grande valore nelle loro modalità di costruzione. Sono state possibili grazie all’impegno di giovani e di persone di sinistra, che collaborano a questo percorso senza avere tessere di partito in tasca. Senza di loro le  iniziative promosse non ci sarebbero state. Questo ci dice che grazie alle scelte compiute, si è cominciato ad intercettare una parte di quella sinistra diffusa di cui molti si riempiono la bocca nel volerla coinvolgere senza riuscire ad andare oltre le parole.
Anche sul versante amministrativo ed istituzionale la scelta unitaria si è rivelata vincente. Qui il risultato più evidente è la nomina dell’assessora della sinistra bressese a Vicesindaca. Chi si occupa della gestione dei rapporti politici ed istituzionali, può misurare ogni giorno il peso del valore aggiunto figlio del processo unitario avviato.
Il dibattito ha evidenziato la necessità di proiettare maggiormente all’esterno, al territorio ed ai cittadini il percorso della Sinistra Unita Bressese.


Conclusioni

L’assemblea nel ritenere positiva l’esperienza dell’ultimo anno, ha espresso all’unanimità il perseguimento dei seguenti obiettivi:

-         proseguire e consolidare anche da un punto di vista organizzativo l’esperienza unitaria bressese;
-   presentarsi uniti alle prossime elezioni amministrative sotto un unico simbolo che raccolga tutte le componenti della sinistra unita bressese.

Attraverso la:

-   costruzione di iniziative pubbliche, su tematiche locali e nazionali, che facciano conoscere ai cittadini di Bresso il percorso unitario esistente;

-   valorizzazione della “Casa della Sinistra” per farne uno spazio culturale dove ognuno possa dare un contributo, consentendo soprattutto  ai giovani di sperimentarsi e crescere;

Infine dà mandato alla commissione politico-istituzionale di procedere ad una analisi e verifica del programma Amministrativo fin qui realizzato, al fine di  incalzare l’Amministrazione per il completamento e la realizzazione, in questo ultimo anno e mezzo di legislatura, di quei punti  programmatici che riterrà determinanti per presentarsi all’elettorato  con  la coscienza di aver soddisfatto il mandato ricevuto.