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venerdì 11 giugno 2010

NON CE LA DARANNO A BERE


Con grande piacere pubblichiamo il seguente articolo, tratto dal giornalino scolastico
"6--" del Liceo Russel di Milano. E' un articolo che descrive in maniera molto esauriente le questioni relative all'acqua e alla sua privatizzazione.

Non ce la daranno a bere
di Matteo Zaffalon
studente del liceo Russel

Ieri l’acqua era un bene comune, naturale, finito ed indispensabile per la sopravvivenza di ogni essere vivente. Oggi, con l’approvazione del Decreto Ronchi (D.L. n°135 del 25/09/09), l’acqua entra a far parte dell’elenco dei prodotti su cui è possibile guadagnare speculando. È in atto un assedio ai nostri portafogli: pur di spremere al consumatore anche l’ultimo euro, ora hanno pensato di prenderci per sete. Resistere è inutile, prima o poi dovremo aprire quel rubinetto che sempre di più assomiglia ad una pompa di benzina.

A questa situazione, purtroppo definibile come una privatizzazione senza compromessi, si è arrivati progressivamente partendo dal ‘94 con il contributo di governi di sinistra e di destra. Il privato si è insinuato sempre più in profondità come un veleno che contamina progressivamente il corpo. Analizziamo ora l’iter legislativo che ha avuto l’acqua in Italia. La Costituzione, con l’articolo n°43, sottolinea l’importanza di affidare ad enti pubblici servizi essenziali che abbiano carattere d’interesse generale, ma non definendo un obbligo in questo senso, le privatizzazione hanno avuto strada spianata. L’epopea ebbe inizio con la costituzione delle ATO (Ambito Territoriale Ottimale) e passando attraverso provvedimenti (*) che affidano fette sempre maggiori di proprietà della rete a privati, si è arrivati ai due testi più significativi e allo stesso tempo disarmanti: il D.L. n°112/08 (Art. 23-bis) e il famigerato Decreto Ronchi. Quale epitaffio migliore di questo: “Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria a favore di imprenditori o di società in qualunque forma […]”.

La tendenza degli ultimi 15anni ha voluto lasciare sempre più spazio al privato per garantire un regime concorrenziale altresì nella distribuzione dell’acqua, anche se non è immaginabile che il privato possa anche solo competere con il pubblico. Quest’ultimo, infatti, non ha nessuna necessità di trarre un utile dalla gestione del servizio, al contrario delle varie multinazionali, garantendo così prezzi accessibili a tutti e attenzione nella manutenzione della rete. Se ipoteticamente immaginassimo che il privato fosse in grado di fornire l’acqua a tariffe inferiori delle municipalizzate, questo sarebbe possibile solo attraverso tagli sulla manutenzione e sul personale. Purtroppo, con il Decreto Ronchi, non sarà possibile neanche questo scenario: ci limiteremo ad assistere allo spartimento del mercato dell’oro blu tra società di servizi che per forza di cosa aumenteranno le tariffe per assicurarsi prima di tutto un guadagno.


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